19 Dicembre 2025

Dal banale “Nurofen Bambini” al “Privigen”: quanto sono esposti i bambini campani alle carenze di farmaci

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Viaggio tra reparti pediatrici, pronto soccorso e farmacie: il sistema sanitario regionale messo in ginocchio dalle carenze di medicinali: cosa è stato fatto, cosa non è stato fatto e cosa si deve fare.

Si sa la stagione invernale porta con sé febbre, otite, bronchite, le tipiche influenze che ogni stagione diventano sempre più aggressive e pericolose. Situazioni comuni, di ordinaria sanità quotidiana, che però in Campania stanno diventando una corsa a ostacoli. Dalle corsie del Ruggi d’Aragona ai presidi periferici della provincia di Salerno, cresce il numero di famiglie, farmacisti e medici che ogni giorno devono inseguire medicinali un tempo banali: sciroppi pediatrici, antibiotici, immunoglobuline, perfino le antitetaniche nei pronto soccorso.
Non è più un problema sporadico, ma una crisi strutturale del sistema di approvvigionamento farmaceutico regionale e nazionale.

Secondo il Rapporto OsMed 2024 dell’AIFA, oltre la metà dei bambini italiani — il 50,9% — ha ricevuto almeno una prescrizione nell’ultimo anno. In Campania, dove il consumo di farmaci pediatrici è storicamente più alto della media nazionale, questa tendenza si traduce in una pressione enorme sulle forniture. Gli antibiotici sistemici, aumentati del 30% rispetto al 2022, e i farmaci per l’apparato respiratorio, che rappresentano un quarto delle prescrizioni, sono tra i prodotti più ricercati. Anche antipiretici e analgesici come la Tachipirina o il Nurofen Bambini, diventati simboli della medicina “da casa”, sono oggi difficili da reperire in periodi di picco influenzale.

La Corte dei Conti europea ha segnalato, tra il 2022 e il 2024, ben 136 medicinali in carenza critica nell’Unione, con l’Italia fra i Paesi più colpiti. Gli antibiotici di base, gli antipiretici e le immunoglobuline sono i primi della lista. Questo significa che la febbre di una notte d’inverno può trasformarsi in ore di ricerche tra farmacie sprovviste, confezioni contingentate o richieste di importazione dall’estero. Per molte famiglie campane, la continuità terapeutica non è più una garanzia: un farmaco disponibile ieri potrebbe mancare domani. E quando a essere coinvolti sono i bambini, la precarietà diventa un rischio sanitario concreto.

Ma il problema non riguarda solo le farmacie di quartiere. Negli ospedali della Campania le carenze toccano anche farmaci vitali e terapie salvavita. Nel 2017, ad Agropoli, un paziente ferito è stato costretto a procurarsi da solo la gammaglobulina antitetanica perché il presidio ne era privo. La famiglia, dopo telefonate a vuoto tra Salerno e Napoli, ha trovato il medicinale solo a Roma. Un episodio che rivelò tutta la fragilità del sistema di scorte dei pronto soccorso provinciali.

Negli anni successivi la situazione non è migliorata. Nel 2022 la ASL di Salerno ha dovuto attivare procedure straordinarie per garantire la fornitura di Hizentra, un’immunoglobulina umana sottocutanea usata in pazienti immunodepressi, citando nei documenti ufficiali una “carenza mondiale” del prodotto. All’Ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno, nel 2023, la carenza nazionale del farmaco Privigen ha costretto a passare a prodotti alternativi, con conseguenti problemi di tollerabilità in alcuni pazienti, fino al ritorno del medicinale originale mesi dopo. Anche qui, la gestione è stata emergenziale: sostituzioni, importazioni, soluzioni temporanee per garantire continuità terapeutica. Decadron, Soldesam e Desametasone che Servono a trattare un’ampia gamma di condizioni che richiedono una terapia steroidea, come artrite, asma, malattie infiammatorie intestinali, e allergie gravi ed in casi gravi emergenziali a ridurre l’edema cerebrale risultano di difficilissimo reperimento per le stesse farmacie ospedaliere. Quando un pronto soccorso deve sperare nella disponibilità di una farmacia privata e non più di quella interna per avere un farmaco salvavita, il problema non è più di organizzazione ma di sistema. La Campania, regione densamente popolata e con un’alta domanda sanitaria, non può basare la propria sicurezza su un equilibrio così fragile tra fornitori, dogane e produttori stranieri.

Secondo il VII Rapporto Annuale sulla Farmacia 2024, il 98,9% dei farmacisti italiani segnala carenze o indisponibilità sistematiche di farmaci. La metà di loro cita gli antibiotici tra i prodotti più difficili da reperire; quasi il 10% denuncia problemi anche con antipiretici e antinfiammatori di uso comune. Questo significa che i professionisti trascorrono in media 8–11 ore a settimana solo per cercare farmaci mancanti, contattare grossisti, aggiornare ordini o trovare equivalenti. Ore sottratte all’assistenza diretta ai cittadini. In Campania, dove la spesa farmaceutica ospedaliera pro capite supera i 350 euro l’anno, la pressione su farmacie e ospedali è enorme, e la mancanza di una catena logistica efficiente rischia di tradursi in ritardi terapeutici e disservizi diffusi.

L’AIFA dichiara di monitorare quotidianamente le carenze tramite il portale “Farmaci carenti” e di autorizzare importazioni o sostituzioni, ma ammette che il problema ha ormai natura strutturale. Le cause principali sono la dipendenza produttiva da Paesi asiatici per principi attivi come paracetamolo, ibuprofene e antibiotici di base, i tempi doganali lunghi e la mancanza di scorte regionali obbligatorie. Il Ministero della Salute ha annunciato un piano nazionale per la gestione centralizzata dei farmaci essenziali, ma ad oggi non è stato ancora attuato.

La Campania vive così una doppia fragilità: una domanda di farmaci altissima e una fornitura instabile. Ogni inverno, con l’aumento di infezioni respiratorie nei bambini, il sistema entra in crisi. Gli scaffali si svuotano, le farmacie si scambiano scorte a singhiozzo, le famiglie girano per ore alla ricerca di un antipiretico. È una sanità che si regge sull’improvvisazione e sul sacrificio quotidiano dei farmacisti, non su un piano strutturato di sicurezza terapeutica.

Le conseguenze non sono solo sanitarie ma anche sociali. I più fragili — bambini, anziani, malati cronici — pagano il prezzo più alto. Senza farmaci semplici e quotidiani, come un antipiretico o un antibiotico, il rischio di complicazioni cresce. Gli ospedali non possono dipendere da forniture estere instabili e i farmacisti non possono continuare a supplire a un sistema inefficiente. Servono regole chiare, scorte obbligatorie, trasparenza sui contratti e un vero coordinamento regionale.

La soluzione passa da un piano operativo: un “Piano Farmaci Campania” che preveda scorte pediatriche obbligatorie in ogni distretto, monitoraggio in tempo reale delle carenze, e la creazione di una rete tra So.Re.Sa., AIFA e le farmacie territoriali. Serve una produzione nazionale o regionale per i farmaci essenziali, come già accade in altri Paesi europei.

Quando perfino un pronto soccorso deve “ordinare” un farmaco salvavita, significa che la catena si è spezzata. La Campania non può più permettersi un sistema sanitario che si affidi alla fortuna. La salute dei bambini — e di tutti noi — merita certezze, non rincorse.

Le carenze di farmaci non sono un “disservizio occasionalmente fastidioso”: sono una falla strutturale in un sistema sanitario che sconta dipendenze globali, logiche di mercato, difficoltà organizzative. Quando a rischio ci sono i farmaci per la febbre di un bambino, l’antibiotico per un’otite, l’immunoglobulina per una malattia rara o l’antitetanica in un pronto soccorso periferico, non si può più parlare di “eccezioni”: è emergenza sociale e sanitaria.

In Campania — e in particolare nella provincia di Salerno — non basta registrare il problema: servono scelte. Scelte che mettano al centro la tutela della salute, dei più deboli, del diritto a cure sicure e tempestive. Scelte che rendano la salute un bene pubblico e non una merce soggetta a disservizi, carenze o peggio a speculazioni con la scusa dell’emergenza.

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